“… scusa, ma vedo che anche a te piace lavorare in un ambiente familiare… se non erro è la cucina quella che vedo alle tue spalle?”.
Nicola Farronato, che non è un cuoco, d’altronde fa un utilizzo “improprio” del tavolo da pranzo adibito a scrivania e dei cassetti delle posate come raccoglitori di appunti.
Nicola effettivamente si trova nella cucina di casa sua, a Bassano del Grappa, quando lo raggiungo via Skype, ma con il suo computer sta dialogando con il mondo. Svelato che non è un esperto ai fornelli, almeno non professionalmente parlando, di cosa si occupa?
Beh effettivamente possiamo parlare di ricette con lui, con questa tipologia d’ingredienti però: tecnologia, innovazione, imprenditoria, web e start-up. Se a tutto ciò aggiungete un pizzico di creatività del nord/est e una buona dose di spirito californiano il gioco è fatto. Che dite è il profilo per un soggetto da copertina di Wired? Perché no, potremmo proporglielo al direttore di Wired Italia Riccardo Luna.
“Nicola, dalla California all’economia veneta, l’impatto non dev’essere semplice. Non parlo tanto in termini di jet lag, ma di approccio culturale al fare impresa qui da noi. Prima di capire meglio cosa stai combinando nella tua cucina di Bassano, facciamo un passo indietro e raccontami qual è stato il tuo percorso professionale”
“Certo, cominciamo dall’inizio, disse il Re con tono grave. Va avanti finchè arrivi alla fine, e li … non fermarti! Parto dalla fine per risalire all’inizio, citando (e scombinando) una frase celebre di Alice nel Paese delle Meraviglie. Il motivo non è solo la recentissima uscita del film nelle sale, bensì il fatto che molto del mio percorso ruota attorno a questo inizio, come pure questa fine. Prima di tutto volevo fare il manager, sai di quelli con la valigetta sempre in mano che viaggiano in lungo e in largo senza sosta; e così da adolescente mi esercitavo con le cartine geografiche più disparate, in maniera da prepararmi al grande salto in quella realtà, un giorno… un giorno quel giorno è arrivato, mi chiamano in direzione un venerdì, e mi dicono cosa avevo da fare il lunedì seguente. Fatto sta che con mio incredulo indugio iniziale dopo poche ore ero imbarcato per Tokyo e passavo dal bianco del Grappa, a quello del Fuji… strano ma vero da quell’inizio mi sono fermato dieci anni dopo, nel senso che sono andato a riguardarmi nel dizionario cosa voleva dire manager, e ho cambiato lavoro perchè io, a dire il vero, non volevo fare quello… almeno farlo così! In questi primi dieci anni professionali, dopo un po’ di missioni commerciali all’estero (ca. 150), ho aperto una parentesi californiana, è vero: il tempo di fare un giro nel campus di UCLA e segnare nel tabellino il mio primo fallimento da aspirante imprenditore (in Silicon Valley dicono che ce ne tocca 7 a testa!), finito come era ancora prima di cominciare un tentativo di aprire una società sulla costa di LA nel settore food&beverage”.
“Quindi da queste tue esperienze in giro per il mondo, dai tuoi continui viaggi, sei riuscito a farti “contaminare” culturalmente da tutto ciò che ti accadeva intorno. I tuo spostamenti di lavoro sono diventati anche delle occasioni per incontrare nuove realtà, nuove persone?”
“Questo sicuramente, il viaggio ti espone a moltissime contaminazioni, il dove ti portano lo devi decifrare tu. Nel mio caso posso dire di aver conosciuto persone eccezionali, e di poter raccontare tantissimi aneddoti simpatici su questi incontri… dagli upgrades in business class a fianco di CEO della Grande Mela, fino ai più stravaganti randevouz con artisti e imprenditori sociali bohèmien di Berlino. Non è solo una questione di spazio però, non finisce nel ristorante, hotel o aeroporto di turno, l’esperienza. Anzi, alle volte lo spostamento portato all’estremo ti può limitare, non ti permette di soffermarti e di cogliere sfumature di dettagli che fanno la differenza, nel costruire relazioni che durano oltre l’euforia iniziale”.
“E veniamo al momento zero, quello che ti ha permesso di capitalizzare tutto ciò che avevi appreso. Come è avvenuto il cambiamento, quando è sopraggiunta la consapevolezza che attraverso la rete si può creare e condividere conoscenza?”
“La passione per la rete credo di averla acquisita giorno dopo giorno, e così coltivata pure, visto che la considero una soglia di contatto dal potenziale ancora inespresso… tornando alla tua domanda, beh, mentre non credo di avere ancora capitalizzato, sono certo ci sia stato un punto zero, che si è distinto dalla corsa quotidiana, ed ha lasciato il segno indelebile sulla mia traiettoria. Credo proprio coincida con una delle tante conoscenze di questi ultimi anni, datata 2005. La rete l’ha facilitata, l’intelletto sviluppata, questo si. Lui è uno dei massimi esperti internazionali di executive education, e insegna management dell’idea a Parigi. Si chiama Isaac Getz, e quando ho letto il suo trafiletto su un quotidiano locale è scoccata una scintilla… dopo 2 ore gli mandai una email fiume, dopo 2 giorni eravamo al telefono…”
“Qual è stato il tuo primo progetto di questa tua nuova fase di vita?”
“Mi ci sono voluti mesi per collocarlo nel mio contesto quotidiano, e anni (ora lo posso dire) per coglierne la portata. Eppure era una cosa semplice, un messaggio lampante: (ri)mettere l’uomo al centro del sistema innovazione, e da li accelerarlo e poter creare nuovo valore, con gli stessi elementi. Ho girato più volte l’Europa, con ogni mezzo, per presentarlo, andando a bussare a porte concatenate l’una all’altra da indizi comuni, che la maggior parte delle volte si aprivano, e dischiudevano un altro mondo da capire, avvicinare, scrutare. Tutto questo ha preso forma in un nome, che più che un brand assomiglia oggi per me all’etichetta dell’abito che mi piace mettere ogni mattina: Smile@Work!”
“Ma se non sbaglio poi questo Smile@Work è stato selezionato nel 2006 come uno dei progetti più innovativi. Addirittura ti hanno contattato per un format televisivo a riguardo. Com’è andata?”
“Smile@Work non ha ancora accelerato l’innovazione mondiale, ma certamente lo ha fatto con me e le mie relazioni globali. Nel giugno 2006 ha debuttato sotto forma di modello innovativo per organizzare distretti della conoscenza ad un congresso EU a Napoli, poi da li il coinvolgimento in un progetto ministeriale dallo slogan inn-ovation: innovazione con ovazione, dove si sarebbe dovuto produrre un nuovo format per TV regionali sul canale di Stato, sfumato alla fine per intoppi di percorso burocratico (continuiamo pure la conta dei progetti falliti …). Da li è ritornato nel cassetto per un po’, fino a che ne è riuscito sotto forma di idea editoriale. L’ultimo avvistamento ne parla bene, pare sia la volta buona quest’anno … ma sai sotto che forma?!!”
“Poi c’è Back2Africa, un progetto che ben conosco visto che ne è stata coinvolta anche la mia amica Manu. Parlamene un po’ e soprattutto raccontami quale sarà la sua evoluzione?”“Back2Africa è stato un collante incredibile nel tenere uniti tutti questi elementi, soprattutto nella loro fase iniziale. E’ partito in modo estemporaneo, anche lui; la scintilla l’ha presa nel 2006, dal piacere di scrivere qualche rima in una torrida notte agostana. Racconta di un nuovo modo di parlare d’Africa, nel nostro piccolo mondo locale, dove la nostra società si è fusa con una moltitudine di culture, troppo in fretta, e senza conoscerle. Di tutte le etnie, quella black mi ha da sempre affascinato, tanto è che questo progetto nasce dalla suggestione di un paesaggio del Continente Nero, reale o immaginario che sia, fatto di colori, suoni, canti e gesta uniche. Ho avuto la fortuna di trovare in alcuni amici la voglia di condividere questa visione fantastica, di sfidare l’inesperienza comune, di proporre un messaggio fresco, che sappia parlare di Africa senza essere scontato, conciliando cultura-solidarietà-divertimento. Sono passate 4 edizioni, in un tutt’uno di crescita, dall’entusiasmo, all’energia, alla partecipazione. Oggi, alla soglia della 5^ comparsa sul teatro di una bellissima villa veneta (17/18 luglio prossimi), B2A vuole diventare un festival di cultura black, che dia spazio a tutto ciò che da quei luoghi è partito e si è sparso in frammenti ovunque, riportandolo per la lunghezza di qualche giorno che assomiglia a notte, sotto un cielo stellato della Savana …”
“E lo YEAM invece, in cosa consiste?”
“YEAM è un progetto a cui tengo moltissimo, che in questi ultimi 2 anni ho fortemente voluto tenere in piedi, e che spero di far decollare presto come merita. Young European Avantgarde Minds è un open network prima di tutto, fatto da giovani che stanno cercando nuove opportunità per dare vita ad imprese innovative. E’ stato concepito a Berlino alla fine del 2007, parlando per ore con un giovane creativo tedesco su un locale di Kreuzberg. Il filo conduttore è la condizione dell’imprenditore nella Economia della Conoscenza, quindi la figura dell’imprenditore della conoscenza. Io in questo momento mi ritengo tale, e con YEAM ho voluto creare un punto di riferimento per raccogliere approcci differenti attorno a questo tema, immaginando un faro del XXI° secolo, rivisitato per segnare la via ai giovani talenti che viaggiano lungo le rotte internazionali dell’innovazione. YEAM in questi primi 2 anni è stato concettualmente più vicino ad un think-tank, nel quale via via ho aperto la porta alle persone più interessanti che trovavo, lungo la mia rotta dell’innovazione. Abbiamo avuto una serie di piccoli grandi riconoscimenti: da reti internazionali di alta formazione come INTENTAC (Accademia Internazionale dell’Imprenditoria), a corporates come INTEL, a consorzi dell’innovazione come IVI (Innovation Value Institute)”.
Chissà perché, ma più Nicola parla, più ho la strana e piacevole sensazione di trovarmi come davanti ad uno specchio. Al di là del suo anticonformismo nel modo di fare, sembra che abbiamo una visione molto simile.
Lui crede nel valore della rete, in un’economia della conoscenza ed è in continuo fermento per sviluppare gruppi di lavoro con competenze diverse, ma con una forte eccellenza ed entusiasmo che li contraddistingua.
Io, al di là che abbia la cucina ad ufficio come lui, sto perseguendo questo cammino di mecenate d’anime, fortemente convinto che ci siano grandi persone attorno a noi, con delle idee, progetti innovativi da portar avanti, alla faccia di una politica che ci vuole tutti involuti, mediocri e… corrotti.
“Quali sono state le difficoltà maggiori che hai trovato nel tuo cammino?”
“Sai Andrea, mi piace pensare che le difficoltà più grandi sono quelle che mi sono creato da solo, ovvero tutte quelle paure, incertezze, sensazioni dal caso con cui devi imparare a convivere se questo è il tuo lifestyle. Una cosa è certa: fare innovazione dal basso verso l’alto oggi in Italia non è facile, e non alludo ai soliti commenti critici su Istituzioni, intrecci di interessi, burocrazia… c’è molto di peggio, si chiama cultura media. Una delle cose più difficili è spiegare a chi ti sta attorno quello che fai, quello che cerchi di cambiare, e quello che vorresti realizzare. La rete in questo ti viene in aiuto, ti permette di coltivare terreni ubiqui fatti di relazioni che fisicamente non potresti magari sostenere, vuoi per la frequenza, vuoi per la complessità. Io per ri-equilibrare questa posizione continuo a sviluppare legami di rete globali, sia reali che virtuali, auspicandomi che i passi della nostra società possano accelerare in questa direzione, creando un terreno più fertile per lo crescita di nuove idee e imprese innovative”.
“Senti Nicola e questo 2010 cosa prevede? E’ vero che ti stai attivando per una start-up in Silicon Valley legata al lancio di una nuova impresa mobile?”
“Il 2010 è partito molto intenso, e ci sono tante cose in cantiere, tra cui si, anche almeno una start-up legata ad un nuovo servizio web e mobile. La Silicon Valley rimane il luogo più attraente da questo punto di vista, stiamo valutando proprio in questi giorni le opzioni e le modalità. Lavorare per un nuovo progetto è entusiasmante, anche se bisogno essere chiari con la propria creatività nei rami da tagliare. Su quest’anno c’è una grande aspettativa, e quello che ne uscirà punta ad avere un altissimo impatto …non posso dire di più per ora ”
“E da grande… cosa farai?”
“Mi piacciono i sogni nei cassetti, quindi penso che ne cercherò di nuovi da aprire… come pure cercherò un Re, e ascolterò le sue parole: comincerò dall’inizio, andrò sempre avanti fino alla fine, e lì… penso che non mi fermerò! ”
Dopo un’ora di intensa conversazione chiudo la chiamata con Nicola. Sorgono in me due sentimenti. Il primo è un rammarico per non averlo conosciuto prima. Il secondo è la felicità che adesso che ci siamo incontrati, potremmo fare qualcosa di bello insieme. Che ne dici Nicola, accetti la sfida?