Spesso abbiamo parlato di cambiamento. Di nuovi stili di vita. Di un riappropriarsi della propria esistenza.
Molti degli incontri che abbiamo fatto sono dei viaggi. Alcuni con delle mete fisiche precise e lontane. Altri apparentemente più vicini, nel profondo di se stessi.
Quello di oggi è un viaggio ancor più particolare. Complice la passione per il mare e la voglia di concedersi una pausa. Voglia di avventura. Voglia di libertà. Nella consapevolezza però, che tutto ciò avrà un inizio, ma pure una fine. Ecco un altro elemento di differenziazione. Una parentesi di un anno. Un periodo di tempo limitato per immergersi in una nuova dimensione, ma per poi ritornare con i piedi a terra. In tutti i sensi.
Il protagonista di questa storia ha un nome: Alberto Di Stefano. Ha pure un lavoro (in ambito finanza) e pure gli piace. Certo quello che fa non è certo la sua passione, però è funzionale come mi illustra dettagliatamente Alberto nella sua categorizzazione del lavoro.
“Sai secondo me ci sono due tipi di lavoro. Quelli che si possono considerare delle passioni… e senza entrare nell’arte, pensa ad un medico che salva i propri pazienti oppure ad un ingegnere che progetta e costruisce un ponte. Poi ci sono quelli, come il mio, come quelli della maggior parte delle persone che presentano aspetti dei quali si farebbe volentieri a meno, che ti fanno qualche volta odiare il lunedì, che però presentano dei vantaggi oggettivi che ti permettono di fare altre cose.”
Siamo a gennaio del 2005 quando Alberto prende il largo. Inizialmente doveva essere un anno sabbatico con l’obiettivo dell’attraversamento dell’Atlantico in barca a vela. In teoria raggiunti i Caraibi sarebbe dovuto scendere per continuare il viaggio con altri mezzi. Se non fosse che, arrivato in questo primo paradiso, si accorge di una cosa che gli cambierà radicalmente la sua modalità di spostamento. Ci sono molte persone che sarebbero contente di ospitarlo sulle proprie imbarcazioni per continuare il proprio viaggio.
Per Alberto è un’illuminazione. Il giro del mondo di Alberto Di Stefano si trasforma nel giro del mondo in barca-stop. In ogni porto che raggiunge ci sono annunci di persone che cercano compagni di viaggio. – “Ho trovato tante persone che dovevano fare lunghi tratti che erano contenti di ospitare gente a bordo. Pensionati ancora fisicamente atletici che si godevano i soldi risparmiati con il lavoro. Coppie che avevano deciso di fare il giro del mondo. Oppure skipper che dovevano traghettare una barca da un porto all’altro… o ancora imbarcazioni finanziate dalle università per ricerche in ambito marino. Erano veramente diverse le persone che si potevano incontrare, anche se tutte avevano un elemento in comune. La voglia di socializzare. La curiosità. L’entusiasmo di vedere posti che altrimenti difficilmente si potrebbero vedere in modalità diverse.”
Il 60% del tempo, Alberto Di Stefano lo ha trascorso navigando. Su un anno di durata del suo viaggio, più di duecento giorni sono stati di navigazione. Questo è un dato straordinario per chi ama l’ambiente marino come lui. Un valore affascinante al solo pensiero che solo due anni prima era salito per la prima volta in barca.
Sono numerosi gli aneddoti nei quali Alberto è incorso durante questa avventura. Come quando è arrivato dall’altra parte del mondo. Nella piccola isola di Niue, tra Tonga e le Fiji. E’ qui che dopo essere sbarcato, si ritrova in un piccolo bar a parlare con un polinesiano. Una persona distinta, di una certa età, ben vestita. Un polinesiano che appare fin da subito ad Alberto una persona con un’ottima conoscenza della civiltà europea e della storia risorgimentale italiana. Poco ci vuole per svelare che l’interlocutore in questione era il primo ministro di quella piccola isola. S’instaura un rapporto di stima e amicizia tra i due. – “Ogni sera mi ritrovavo a bere una birra con il primo ministro”, mi dice sorridendo Alberto. Tanto che il primo ministro offre l’opportunità ad Alberto di trasferirsi a vivere sull’isola. A prenderne la cittadinanza. Una tentazione, quella di cambiare radicalmente vita. Vivere in un piccolo Eden, con tanto di ottime retribuzioni pensionistiche garantite. Però per Alberto è solo una piacevole tappa e continua la sua attraversata.
Turni al timone. Pesca. Lettura. Scrittura. Questa era la giornata tipo di Alberto Di Stefano durante i lunghi trasferimenti in mare. Leggendo, Alberto si prepara dettagliatamente per conoscere le nuove tappe da raggiungere. Scrivendo, mette su carta una serie di racconti tratti da questo suo viaggio, ma non solo. Quello che scrive diventa anche una sorta di guida per fare il barca-stop. Dove si possono trovare le imbarcazioni. A cosa bisogna stare attenti durante gli spostamenti e altro ancora. Un volume che trova sostanza in un libro pubblicato da Feltrinelli una volta rientrato a casa.
Alberto in questo suo viaggio lungo un anno non si è fatto mancare nulla. Il lancio con il paracadute a Nadi nelle Fiji. Immersioni spettacolari, come il bagno con le megattere alle Vavau. Il rafting sul fiume Chiriqui Viejo a Panama o l’upsailling di una cascata a Efate. Solo per citare alcune.
Mi dice che è stato difficile una volta rientrato, dopo essere stato per un anno in giro per il mondo scalzo, per il mare, riprendere le tradizionali abitudini come la sveglia del mattino, gli impegni di lavoro, le presentazioni powerpoint da fare e la pausa pranzo da assaporare. Alberto mi confida che la voglia di fare un altro viaggio così c’è. Senza fretta però. Quando sarà il momento. Quando ci saranno le condizioni per farlo. – “Intanto ora appago la mia voglia di vela facendo lo skipper, facendo l’istruttore in una scuola vela di Milano”, sì perché durante la nostra chiacchierata telefonica, Alberto si trova in uno dei tanti uffici del capoluogo ambrosiano, mentre io guardo le acque della laguna che mi dividono dal campanile di San Marco. Ironia della sorte. Oppure solo amore incondizionato per il mare. Non bastano quattro mura per fermare la fantasia di un uomo. Nemmeno qualche chilometro di distanza dalla costa per impedirgli di diventare un vecchio lupo di mare.