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Iniziamo parlando di Fela Kuti. Un musicista nigeriano. Qualcosa di più, visto che ai suoi funerali, nell’agosto del ‘97, c’era più di un milione di persone ad assistervi. “The Black President, questo era il suo soprannome… era un’attivista dei diritti umani… a Lagos aveva costituito una piccola repubblica indipendente… era un vero e proprio rivoluzionario… ce l’aveva con i colonialisti, ma pure con gli africani che, nonostante l’indipendenza acquisita, non riuscivano… non riescono a liberarsi dalla mentalità coloniale… anche nella musica è stato rivoluzionario, si può dire che è stato il fondatore dell’afrobeat… noi oggi con la Mamud Band abbiamo ripreso in mano questa musica… l’abbiamo rivisitata… cerchiamo di diffonderne la verve strumentale, scegliendo di usare la voce solo in un paio di brani (ndr nel CD il cantante degli Africa Unite, Bunna)… per non cadere nel rischio di scimmiottare il grande Fela ”.
A parlare è Giovanni Venosta e la Mamud Band di cui lui fa parte è un ensemble di musicisti professionisti a livello nazionale ed internazionale, con origini musicali lontane tra loro. Nasce nel 1990, da un’idea del percussionista Lorenzo Gasperoni. Ha all’attivo tre pubblicazioni che spaziano dal jazz (“La Vendetta di Grog”) al balcanico (“Amore Pirata”, con Lester Bowie) all’afrobeat.
Mentre Giovanni parla, noto alle sue spalle diversi oggetti riconducibili alla tradizione africana. “Sono un viaggiatore… lo sono in maniera sistematica da quando avevo ventanni… il primo viaggio negli Stati Uniti… poi Perù, Bolivia, Ecuador, India e Indonesia… e poi l’Africa, l’Africa Nera, l’amore assoluto anche se non l’ultimo… l’ho girata (quasi) tutta… se dovessi sommare i giorni dei miei viaggi in Africa, tranquillamente posso dire di averci trascorso almeno un anno della mia vita… per me l’Africa è energia… è musica, l’origine della musica… ma in ogni luogo, in ogni viaggio cerco di estrapolare queste pulsioni vitali… anche con l’Oriente o il continente Latino-Americano… l’importante è partire con un piccolo bagaglio indispensabile e tornare poi con la testa colma di stimoli ed emozioni”.
Mi soffermo sull’attualità per un momento, per capire dal suo avamposto di viaggiatore come vede la situazione nord africana. “… da un certo punto di vista, la presenza di un regime forte in questi Paesi è quello che ci ha permesso di fare gli spacconi in occidente fino ad oggi… quello che ho notato nei miei viaggi è il rapporto straordinario che hanno con lo straniero… una semplicità disarmante legata alla soddisfazione di bisogni limitati… poi io che mi soffermo sulle tradizioni, sui modi locali di vivere… hanno una salvaguardia dell’identità del Paese molto forte… paradossalmente verrebbe da dire che in molti Paesi del “Sud del mondo” il passaggio dal colonialismo ad un sistema dittatoriale se da un lato gli ha impedito di crescere economicamente dall’altro però ha permesso loro di conservare elementi culturali importanti… ecco mi chiedo questo oggi, al di là della necessità di procedere in loco con progetti specifici, che cosa succederà a livello di identità culturale?”
Già perché la sensibilità di Giovanni verso gli aspetti culturali dei diversi Paesi è molto forte. Per un momento ci fermiamo di parlare di viaggi. O per meglio dire ne iniziamo uno diverso. Riguarda il percorso professionale di Giovanni Venosta. Lui che ha composto una ventina di musiche da film. Lui che ha dato la musica ai film di Silvio Soldini. Proprio lui che, dopo avare ottenuto il diploma di pianoforte in conservatorio con un alto punteggio, quasi ironicamente era stato respinto quando aveva tentato di iscriversi al corso di composizione. Da lì inizia un suo percorso da autodidatta. Quindici anni di sperimentazione. Musica d’avanguardia con Roberto Musci e Massimo Mariani. Due gloriose etichette indipendenti come l’inglese Recommended Records e la canadese Les Disques Victo con le quali collaborare.
Tutto questo fino al 1999, quando l’amore incondizionato per il cinema e quel rifiuto dell’Accademia – rifiuto a posteriori condiviso da entrambi – portano Giovanni a concentrarsi quasi esclusivamente sulla musica da film. Come spesso succede in questi casi, l’ingresso come compositore nel mondo del cinema lo si deve a una situazione fortuita: un ex compagno di banco delle elementari, Giorgio Garini, a metà degli anni ’80 diventa aiuto regista di Silvio Soldini… ecco che si presenta l’occasione per proporre le sue musiche per L’Aria Serena dell’Ovest. E’ l’anno 1989. Da allora tutte le colonne sonore per i lungometraggi (e un corto) di Silvio Soldini sono firmate da Giovanni Venosta, ottenendo un “CIAK D’ORO” per Pane e Tulipani e le nominations ai David di Donatello per i tre film successivi.
Per Giovanni questo non è un punto di arrivo, ma di partenza. Il suo modo di scrivere “poeticamente bizzarro” trova forma e vitalità in nuove produzioni cinematografiche. Tra cui: anno 2002, Brucio nel Vento, film firmato sempre da Silvio Soldini e dove Giovanni trova ampio spazio interpretativo. 2006, Promised Land di Michael Beltrami, con Giovanni che torna a sperimentare, questa volta per le musiche da film. 2007, il sodalizio con Soldini si perfeziona con l’uscita di Giorni e Nuvole interpretato da Margherita Buy e Antonio Albanese. 2008, Estomago film di Marcos Jorge, per le cui musiche Giovanni Venosta viene candidato all’oscar brasiliano. Inoltre è stato due volte autore delle “sigle” del Festival di Locarno, inclusa quella attuale.
Giovanni mi spiega le difficoltà di comporre le musiche per un film: “… la cosa più difficile è trovare la giusta comunicazione con il regista… non sempre si può usare un linguaggio musicale… spesso i registi non ne sono dotati… quindi ecco che bisogna preparare una tavolozza di presentazione… questo per delimitare il campo su cui lavorare”.
Dopodichè mi spiega la magia della composizione sonora: “… nella maggior parte dei casi lavoro su delle immagini… su un montato… comunque dopo aver visto le prime registrazioni… questo è un momento fantastico dove il mio amore per il cinema e per la musica trovano il più grande appagamento… è un periodo che può andare dai due ai sei mesi al massimo… e in quel frangente io sono completamente immerso nelle atmosfere del film”.
Gli chiedo quali film non suoi gli sarebbe piaciuto musicare e ironicamente mi risponde: “… è un po’ difficile rispondere a questo quesito… perché i film per i quali mi sarebbe piaciuto comporre le musiche hanno già delle ottime colonne sonore… ti faccio un esempio… i film di David Lynch mi sarebbero piaciuti, ma Angelo Badalamenti fa già un ottimo lavoro… oppure una colonna sonora che mi è piaciuta tantissimo è quella del film Il Petroliere… e ancora Heimat 2 di Edgar Reitz, ambientato nella Germania tra gli anni ’60 e ’70, ha una colonna sonora geniale”.
Prima di concludere chiedo a Giovanni quali siano i suoi prossimi progetti e lui sorridendo mi risponde: “Innanzitutto non mi sposo… a parte gli scherzi sono un grande amante delle donne… e avere una compagna di viaggio al proprio fianco è meraviglioso… a pensarci bene talvolta al ritorno poi mi lasciano, ma questo deve essere una pura coincidenza… a parte ciò ho intenzione di portare avanti la Mamud Band, perché è un progetto musicale nel quale credo molto e mi diverto pure molto… per il cinema è un periodo di crisi assoluta… tralasciamo i discorsi su come viene trattata la cultura nel nostro Paese… tanto per darti un’idea di come stanno le cose, la CAM, storica casa editrice con un catalogo prestigioso di colonne sonore ha chiuso dopo 50 anni di fiorente attività… quindi vedremo dove andremo a finire… nel frattempo da qualche mese ho un agente americano che è sicuro che mi farà lavorare presto a Hollywood… incrociamo le dita…”
E noi caro Giovanni saremo ad incrociare le dita insieme a te, per sentire ancora una volta la magia della tua musica accompagnare lo spettacolo dei sogni del cinema.
In bocca al lupo Giovanni!