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Sicuramente non passa inosservato. Sarà per le sue fattezze fisiche. Alto. Magro. Lineamenti originali. Sarà per il suo modo di fare. Retrò, ma allo stesso tempo moderno. Mettiamoci pure i più o meno vistosi tatuaggi. Comunque sia il suo carisma emerge.
Per alcuni aspetti sembra riconducibile al protagonista di un film di Kusturica. Per altri potrebbe essere scambiato per un musicista di Tonino Carotone. Ci si chiede quanto di reale ci sia in lui. Se stia fingendo di essere qualcuno. Poi inizia a parlare e ogni dubbio è dipanato.
Lui è Nicola “Ceri” Specchio. Basta. Non c’è altro da aggiungere. Non ci sono altre interpretazioni da considerare. Forse vale la pena soffermarsi solo su un soprannome. Il Ceri. Da bambino gli era stato affibbiato per evidenziarne le sue origini – “… per le mie origini pugliesi mi chiamavano il Cerignola, da qui il Ceri, la cosa non m’infastidiva… mentre il fastidio ce l’avevo quando mi chiamavano Nicola di Bari… che è ben altro… è come scambiare un livornese con un pisano” – oggi è quasi un marchio di fabbrica.
Il Ceri è tante cose, motivo per il quale non sa cosa mettere sul suo biglietto da visita. Il suo lavoro è aiuto regia. Ma ha fatto pure l’attore nel cinema, in fiction e in pubblicità. Ha fatto da coordinatore durante sfilate di moda. In alcuni casi ha fatto pure il modello. E’ insegnante di pizzica. Ma il Ceri è soprattutto un viaggiatore.
A quattordici anni, zaino in spalla, gira l’Italia da solo. A quindici con un amico scopre il Sud America. Amore. Le letture fatte di grandi autori sud americani e il suo approccio di vita, trovano in queste terre il loro habitat naturale. Da quel momento è irrefrenabile la sua voglia di viaggiare in questi Paesi.
Argentina, Cile, Bolivia sono tappe fondamentali nel suo percorso. Città del Messico, Panama e Buenos Aires, città da scoprire. Il tutto attraverso una modalità d’intendere il viaggio “andando per ostelli… uno stile di vita” mi dice il Ceri guardandomi negli occhi e poi continua “… l’esplorare è uno status… è necessario che in ogni viaggio ci sia al centro la curiosità… curiosità che deve esserci proprio a partire dal luogo dove si vive…”.
Ed è proprio da questo concetto, che in una chiacchierata informale tra amici in quel di Buenos Aires nasce un’idea: “… perché non creare un ostello come lo intendiamo noi proprio dove viviamo… a Milano?”. L’interrogativo sembra più una chimera. Una chiusa poetica di un brindisi tra nobili cavalieri. Invece la cosa viene messa su carta. Viene costituita una società e oggi quelle parole sono un cantiere.
In una traversa di via Torino, a meno di cinquecento metri dal Duomo, ottocentocinquanta metri quadri di un edificio si stanno trasformando in quello che sarà l’idea di ostello del Ceri e soci.
“… saranno tre piani di stanze… la possibilità di ospitare una sessantina di viaggiatori… ogni stanza avrà a propria disposizione un bagno… questo perché voglio smentire tutti coloro che credono che low cost si identifichi con low profile… poi ci sarà un’attrezzata cucina a disposizione degli ostellanti, ma soprattutto ci saranno due ambienti di spazio comune aperti alla città… sarà questa la vera sfida… da un lato l’intimità nella zona notte per chi viaggia… dall’altra una parte che accoglierà chi vive a Milano… questo vuole diventare il punto d’incontro…” così mi racconta di questo progetto il Ceri in pieno slancio d’entusiasmo.
Economicità, socialità e approccio culturale sono i paradigmi alla base di questa idea di ostello – “… il prezzo sarà contenuto… i servizi no… sarà un ambiente dove il nostro concetto di viaggio inizierà proprio dallo scambio tra gli ospiti… già vedere un italiano che cucina è un’attrattiva per uno straniero… noi cercheremo di moltiplicare le occasioni di socializzazione… e poi c’è l’impegno sociale da parte mia e degli altri soci… saremo promotori culturali, ma non una volta al mese… sempre… cultura che sarà a disposizione di tutti sia degli ospiti sia degli abitanti della città di Milano…”.
E’ qui che risiede l’innovazione. Pensare in grande. Meglio ancora, avere una visione d’insieme completa. Ospitalità e cultura. Turismo ed esperienza di vita. D’altronde sono aspetti che il Ceri conosce bene. Con questo spirito ha vissuto i suoi viaggi. Con questa forma mentis ha potuto verificare con mano che tutto sommato il paese della nonna in Puglia fosse più vicino a Buenos Aires che a Milano. Con questa curiosità ha vissuto i luoghi dove è stato. A contatto con la gente. Parlando con le persone del posto. Guardando come la vita scorre in luoghi lontani da casa.
“… l’idea dell’ostello combacia con due aspetti… il primo, io fortunatamente non scappo da un lavoro che non mi piace… il secondo, non viaggio più, ma viaggerò con gli ospiti del mio ostello…” mi racconta sorridendo il Ceri, dopodichè sempre con il suo tono informale mi dice: “… faccio impresa! voglio vincere la scommessa che sono un imprenditore illuminato… (sorridendo) illuminato da me stesso…”.
Non è presunzione ciò che dice. E’ semplicemente la constatazione che si sta facendo qualcosa di nuovo. Un passo avanti nell’eliminare barriere mentali nel confronto con gli altri. Nel confronto tra culture diverse – “… oggetto d’impresa è essere protagonisti di una piccola rivoluzione culturale sul viaggiare… un modo diverso di vivere il viaggio… invitare la gente a farsi la serata, ma anche di vivere pienamente l’esperienza sociale…”.
Più il Ceri parla più traspare la sua vera umanità. Si capisce come sia una persona che ama stare in mezzo agli altri. Quasi un’animale sociale – “… io sto bene quando faccio stare bene le altre persone… è per questo che se sono scarico preferisco rimanere da solo per rigenerarmi… anche se lo stare con la gente, tra la gente è energia… non c’è cosa che adori di più…”.
Questo stato d’animo, questo suo modo di essere non è però il frutto della casualità. Certo ci sono state delle circostanze più o meno fortuite che hanno accelerato questa cosa, ma il Ceri la sua strada l’aveva scelta già molto tempo fa. Nel momento in cui ha iniziato a viaggiare. Nel momento in cui ha deciso d’intraprendere la scuola di cinema. Nel momento in cui ha scelto una professione che lo appagasse.
A tal riguardo ad un certo punto mi fa vedere uno dei tatuaggi che ha fatto incidere sulla sua pelle. Dentro la sua anima. ‘Scegli il tuo destino’ ha tatuato in ben evidenza sul petto e poi mi dice: “… mi ritengo fortunato perché posso scegliermi il mio destino… questa non è una cosa da poco… essere nelle condizioni per poterlo fare…”. Ma il Ceri è anche colui che di fronte alle occasioni non si tira indietro – “… la componente fortuna deve essere sempre presente… bisogna anche saperla riconoscere ed agguantarla… come quando in Argentina ero lì per fare un documentario sulla comunità italiana e poi mi sono ritrovato a fare un provino per Nuovomondo di Emanuele Crialese e diventarne parte come attore…”.
Comunque il Ceri ha molto ancora da raccontare. L’ostello in costruzione è solo una piccola introduzione. Appena sarà concluso si potrà dare inizio a questo nuovo modo d’intendere il viaggio. Appena apriranno le porte del suo ostello un segnale tangibile del suo pensiero prenderà forma. Poi la parola passerà agli ospiti e alla città di Milano. Ma i presupposti per un rinnovato dialogo culturale ci sono tutti.
Buona continuazione di viaggio Nicola “Ceri” Specchio.