C’è un interrogativo che mi sono sempre posto “se fossi nato in un altro Paese, di che religione sarei?”. Chiamiamola pure geolocalizzazione della fede. E’ così che m’immagino a vagare tra Bombay, Kabul, San Pietroburgo o qualche isola dispersa del Pacifico, catechizzato a seconda del territorio di appartenenza.
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A questa e a molte altre domande ancora deve aver cercato di rispondere pure lui. Lui, che del guru ha ben poco. Lui che ha più che altro l’aspetto del bravo ragazzo, se non fosse per quel fisico ben tornito dalle arti marziali e da qualche occhiaia da post concerto rock (ndr in verità sono occhiaie da giovane padre con qualche ora di sonno in meno).
Comunque sia a lui il coraggio non manca. Già perché a parlare di religione il coraggio serve. E’ un tema per il quale il confronto non è sempre è facile. Meglio astenersi. Al massimo dichiararsi atei. Anche solo alcune osservazioni possono risultare scomode. Ingombranti. Addirittura dei veri e propri attacchi ad una professione di fede. Ma il Daniele, Daniele Bolelli, è già da tempo abituato ad essere considerato un ninja. Lo sanno bene i suoi ragazzi (e anche i colleghi), dell’UCLA, presso la quale ormai da anni tiene corsi sulla storia delle religioni, la storia degli Stati Uniti e gli Indiani d’America.
Oggi anche i lettori italiani possono leggere il pensiero di Daniele inerente la religione. Un pensiero finalizzato all’ottimizzazione di principi religiosi differenti, per vivere meglio, per stare meglio. Una taylorizzazione della religione? No, molto di più. Quello che si può leggere in iGod, il libro di Daniele Bolelli, è una sorta di provocatoria riflessione che prendendo spunto da ambiti di vita diversi, accompagna il lettore nella messa in discussione di alcuni fondamenti religiosi.
Sesso, aldilà, relazioni umane, universo e natura sono alcuni delle sfere toccate da Daniele per liberare la mente da preconcetti confezionati.
Su un unico componente non ammette replica. La dicotomia tra religioni inclusive e religioni esclusive. Tra un approccio costruttivo e quelle distruttivo. Su tutto il resto si può discutere, confrontarsi e avvalersi del diritto di replica.
Da divulgatore della conoscenza com’è, Daniele ha una caratteristica in più. La gioia. E questo non è un elemento secondario nel suo modo di vedere le religioni e perciò l’esistenza stessa. Daniele è proiettato alla ricerca della felicità, non tanto come pensiero utopico, bensì come stile di vita. Una religione che ti vuole triste, che ti fa vivere di sensi di colpa, che dà più valore a sé stessa come istituzione che all’individuo, qualunque essa sia non può trovare terreno fertile in Daniele.
Daniele è una persona che di fronte alle avversità della vita, anche quelle più dure, reagisce con una dignità presente solo in chi mette l’essere umano al centro della propria esistenza. Ecco la vera vitalità del suo credo religioso.
Certamente qualcosa dal padre avrà preso. E’ per questo che ogni tanto nel suo modo di fare, di esprimersi, esce la verve di Franco Bolelli. E’ un’energia. L’energia positiva che irradia lo spirito in chi è presente. L’energia stimolatrice che si manifesta in azioni semplici, ma dalla forza inarrestabile.
Certo per alcuni questo approccio potrebbe risultare un adattamento personalizzato e semplicistico di pratiche religiose. Una sorta di filosofia new age rivisitata. Un indebolimento strutturale di principi da secoli sedimentati o più semplicemente una visione filtrata nell’era della comunicazione globale, delle nuove tecnologie e di Internet. Ma non è questo il fatto. Il punto di forza di iGod, sta proprio nel poter anche solo pensare ad una religione proiettata allo stare bene, all’elevare la qualità della vita. Dell’individuo e della collettività.
La religione non può essere un limite. Semmai deve essere un acceleratore dell’esistenza. Una specie di amplificatore della sensibilità percettiva su ciò che ci circonda. Tutto il resto sono guerre. Soprusi. Annientamenti. Anche in questo Daniele riesce a dare, sempre se possibile, una visione equilibrata.
E’ difficile dire a chi non consiglierei la lettura di questo libro. Va bene per tutti. Può fare bene a molti. Può innervosire alcuni e sorridere altri. Sta di fatto che parla di religione. Di religioni. E questo è già un tema per far discutere. Discutere inteso come discussione. La messa in discussione. Partendo dai propri punti di vista, magari rimanendo ben ancorati ad essi, ma comunque sia innescando un dialogo costruttivo che non si limiti ad una visione religiosa da bar dello sport – “la mia religione è migliore della tua”.
Intanto mentre concludo l’incontro con Daniele il sole è alto nel cielo di Los Angeles. Anche questo aiuta ad aver fede. Guardare in alto, sapendo che lassù qualcuno ci ama.