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Si definisce una viaggiatrice mancata. Non lo è. Perché di viaggi ne ha fatti e molti altri ne farà. Piuttosto è una viaggiatrice passionaria, dal momento che con rapidità entra in simbiosi con i luoghi che visita. Luoghi che spesso non hanno in apparenza punti in comune. Stati Uniti, Thailandia, Spagna comprese le sue Baleari. Luoghi che però lei ha trovato la sua personale chiave interpretativa per viverli. Su tutti primeggia una striscia di terra non più lunga di 23 Km. Si chiama Formentera. Alcuni dicono che non esista. Altri che c’era, ma che poi è scomparsa. Altri ancora ne testimoniano non solo la presenza, ma la sua evoluzione. Stefania Campanella è una di questi ultimi.
La incontro a Roma in una giornata dove la luce certamente non manca. Eppure, è proprio su questo punto che si sofferma introducendomi Formentera – “… il segreto di quest’isola è nella sua luce… l’isola della luce… perché Formentera è la luce… è una luce che ti comunica… è la luce che ti coinvolge… è lo spettacolo della luce…”. Dicendo ciò anche l’espressione del suo viso assume una diversa brillantezza, come se sensazioni vissute ed ora ricordate le donassero improvvisamente nuova linfa.
Ogni parola che utilizza nei confronti di questa isola è come se volesse inciderla in maniera indelebile nel racconto della sua vita. Ne parla come se parlasse di un amante. Di una relazione intensa, pregna di amore, senza risparmiare critiche se qualcosa non perfettamente funziona. Ma sono le lodi che hanno il sopravvento, lodi per un’isola che comunque le ha cambiato la vita.
Un cambiamento iniziato diversi anni fa. Raccogliendo quindici anni di storie dell’isola in un libro. Formentera non esiste. Un lavoro durato più di dieci mesi. Un lavoro che l’ha pienamente ripagata in termini di passione. Un lavoro che l’ha messa alla prova, ma dal quale ne è uscita cresciuta professionalmente ed umanamente. Da quel momento, per Stefania Campanella si sono susseguite una serie di fantastici accadimenti. L’apertura di un blog. La costituzione di un gruppo Formentera Filo Blu, per tutti coloro che amano il mare, ma non solo, gruppo che da poco si è costituito sotto forma di Associazione.
Ad un tratto Stefania mi anticipa la risposta ad una domanda naturale di fronte a questa forma di innamoramento – “Perché Formentera? Perché su quest’isola mi sento realmente ciò che sono… i ruoli cadono quando arrivi a Formentera… vivi tutto in maniera più profonda… infatti o stai molto bene… o stai molto male… non è un caso che sull’isola si facciano incontri diametralmente opposti… dai personaggi spirituali e quelli dannati, quelli che messi di fronte al proprio io non sono riusciti a trovare la propria dimensione…”.
Su un aspetto non mi ritrovo con Stefania, però ne capisco le motivazioni. Riguarda ciò che Formentera era, rappresentava nel suo passato e ciò che è diventata poi con l’apertura al mondo, al turismo. Ma anche questo forse fa parte di naturali dinamiche di cambiamento, come la stessa Stefania mi conferma: “… io ci sono arrivata negli anno ’90, quando l’isola era già così, era già nelle mani degli italiani… ma per me è ancora un’isola incontaminata… non intravedo un problema… secondo me addirittura il turismo è migliorato… comunque sia poi sta nel singolo ritagliarsi un proprio spazio sull’isola… per esempio a me interessa la parte privata dell’isola… quella di chi approdando sull’isola ne percepisce una propria visione… come giusto che sia… non esiste una Formentera… esistono più Formentera a seconda di come uno la vede con i propri occhi… la vive con la propria anima…”.
A sostegno di ciò che Stefania mi racconta, prendo tra le mani Formentera senza vie di mezzo, il secondo libro che ha recentemente pubblicato. Una guida, una guida divertente che comunque lascia libera interpretazione ad una propria visione sull’isola. Poi guardandomi dritta negli occhi mi dice: “Quello che vorrei fare è quello di costruire un ponte chiamiamolo di comunicazione tra Formentera e gli italiani… questo libro è un modo di rafforzare le fondamenta di questa mia impresa”. Non è una dichiarazione d’intenti quella che Stefania Campanella mi fa, più che altro è la condivisione di un progetto che inconsciamente o meno ha iniziato a costruire dal momento che ha messo piede per la prima volta su quell’isola.
Il termine ponte non è casuale, dal momento che comunque Stefania non sarebbe disposta a rinunciare a fare altri viaggi come lei stessa mi dice: “… non vivrei a Formentera… perché se decidessi di trasferirmi lì innanzitutto dovrei essere pronta ad affrontare tre/quattro mesi di solitudine… poi se abitassi sempre lì perderei quello spirito di magia che ho colto in tutti questi anni… lo spirito di un’esperienza di vita non indifferente… poi significherebbe fossilizzarsi… mentre ho intenzione di conoscere ancora nuovi luoghi…”.
Stefania Campanella ha bisogno di continuare a volare nel mondo. Un po’ come un’aquila, come l’aquila della sua amata squadra del cuore, che prima di ogni incontro s’innalza sopra i cieli dell’Olimpico. Ma questa è un’altra storia. E’ una storia fatta di tifo e anche di donne. E’ una storia che la stessa Stefania ha già raccontato. Ma questo è un altro libro.