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In Valtellina non c’è il mare. In Valtellina non dovrebbe esserci il mare. Può capitare però di vederlo se si chiudono gli occhi. Di sentirne il movimento delle onde se si ascolta con il cuore e di avvertirne i venti, che ne gestiscono le correnti, se si alza una mano nell’aria, così, come farebbe il direttore di un’orchestra per dare il la ai suoi musicisti.
Tutto ciò lo ha capito molto bene Camilla Morelli. Fin da subito. Fin da quando guardando il cielo ne vedeva il mare e nelle nuvole intravedeva le forme di tante e diverse imbarcazioni a vela.
La storia di Camilla è la storia di una ragazza che ha inseguito questa sua passione. Una passione che l’ha portata a spostarsi là, dove il mare realmente c’era e le vele si gonfiavano al sussurrare dei venti. In Istria da bambina a trascorrere le vacanze in barca. A Venezia per iniziare il suo percorso universitario. Proprio l’approdo presso l’antica grande Serenissima rappresenta per Camilla una tappa fondamentale di partenza. Arrivata per studiare le lingue straniere, proprio nella laguna, trova ulteriori suggestioni che le fanno intendere che la sua vita deve essere legata al mare. Il tragitto da percorrere non è ancora molto chiaro, però sa che avrà a che fare con quell’elemento naturale. Già perché comunque è la navigazione che alimenta Camilla. E’ in mare dove ritrova se stessa e la sua dimensione di vedere il mondo.
Terminati gli studi, fa quello che forse tutti gli antichi mercanti veneziani sentivano di fare: viaggiare. Ed è così che come in un tempo circolare fatto di sei mesi in sei mesi, inizia un andare e rivieni che la porta alla ricerca del suo modo di vivere con il mare. Ogni occasione è buona per salpare. Poco importa se il tragitto è lungo o meno. L’importante è salire a bordo e trasportare i suoi pensieri al largo. Per capire meglio. Per capirsi meglio.
La sua propensione alla navigazione non viene mai interrotta, anche quando rientrata da un viaggio, ha l’occasione di conoscere un mestiere che le fa scoprire un altro aspetto dell’andare in barca: la cucitura delle vele. Un percorso di formazione che la porta a diventare velaia. Ma non è ancora un punto d’arrivo. Certo la rotta è segnata, ma non è il momento di gettare l’ancora. L’occasione per fare un altro passo verso la sua innata direzione c’è l’ha puntualmente sei mesi dopo. L’opportunità di evolvere nel suo percorso, arriva con un’importante azienda che realizza vele in Francia, sulle sponde dell’Oceano Atlantico, nella città de La Rochelle.
L’esperienza inizia bene, continua meglio, fino al giungere di un evento dai tragici connotati. L’arrivo di una tempesta perfetta sulle coste occidentali francesi provoca alluvioni e inondazioni. Vittime e distruzioni. Tutto ciò che sembrava normale nel quotidiano vivere viene interrotto. L’azienda dove lavora Camilla è un ammasso di fango.
Proprio da un accadimento così drammatico, la forza e la solidarietà delle persone permettono di ripartire, di riaccendere la fiamma che alimenta la vitalità. Poche settimane di duro lavoro, al quale Camilla non si risparmia, tant’è che questa sua prova di umanità viene ripagata con l’assunzione al lavoro. Ma da quella terribile esperienza, Camilla ha un’intuizione. Sono troppe le vele che ha visto buttare perché sporche dal fango. Sono ugualmente tanti gli scarti che vengono fatti durante la realizzazione di una vela. Il pensiero di Camilla torna alla sua forma originale legato ad un mare pulito, dove si debba fare il più possibile per non inquinare e comunque quanto di necessario per riciclare i materiali in disuso. Inizia così a sperimentare come dare nuova vita a queste tele solo in parte utilizzate. Sono prove tecniche quelle che Camilla fa realizzando dei portafogli e qualche altro accessorio moda.
Questa sua idea però trova concretezza da lì a poco. Nonostante la situazione a La Rochelle sia tornata alla sua normalità e anzi Camilla può contare su un lavoro sicuro, questa volta è l’Italia ad invocare il suo nome. Torna a Venezia e nell’entroterra lagunare, in quel di Caorle, Camilla trova una nuova collaborazione con un’altra veleria.
E’ l’azienda dove attualmente Camilla Morelli lavora. E’ l’azienda dove Camilla ha la possibilità di aumentare la propria professionalità. In tutto ciò lei ha un’altra possibilità, portare avanti la sua linea di accessori con i materiali di scarto delle vele. Borse, portafogli e altro ancora prendono forma dalla creatività di Camilla e dal suo senso di riciclo. E’ così che nasce Camoz. Un marchio che caratterizza questa produzione artigianale di accessori alternativi attraverso il riciclo di vele e tagli di tessuto provenienti da diverse velerie europee. La parola d’ordine è proprio questa: recycled sail design.
Oggi Camilla ha ventisei anni. Sembra passata una vita da quando ha lasciato la Valtellina. Sembrano essere trascorsi lunghissimi anni dopo la sua laurea in lingue. Comunque sia Camilla ama sempre di più il mare e forse per questo è così attenta alla sua salvaguardia. Il suo impegno in veleria è costante e il suo progetto Camoz è in costante crescita. Nonostante tutto ciò il viaggio di Camilla è solamente al suo inizio.
Che si issino le vele e… avanti tutta Camilla!