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La sua storia potrebbe essere il frutto di un racconto passato. Ci sono principi, misteri, coincidenze, ragione e passione. C’è una città che è la culla dell’energia vitale, Napoli. C’è né un’altra in continua sospensione tra sogno e realtà, Venezia. C’è pure un nome che sembra piuttosto lo pseudonimo di un’artista, Argentina. Come quella terra che forse proprio il nonno desiderava raggiungere e che alla figlia aveva assegnato come nome, se non fosse che un tragico incidente gliela strappò con troppo anticipo. Il nome viene tramandato. E la prima femmina ad arrivare è proprio lei, Argentina Verderame.
Tutto ciò sembra il frutto di un’arguta fantasia se non fosse che Argentina Verderame esiste e tutto ciò che si è creato attorno a lei pure esiste. Forse proprio ciò che lei è oggi non è altro che la sintesi di un percorso dove arte ed esistenza si intrecciano in maniera indissolubile, scardinando confini naturali e sovrapponendo l’essere a ciò che fa.
Argentina questo lo sa bene, lei che nasce pittrice, lei che a fatica riesce a contenere il suo estro artistico. Il termine ribelle le viene insignito durante il suo percorso all’Accademia delle Belle Arti di Napoli per approfondire le tematiche della pittura e della scenografia. Ma non è un termine consono a lei. Lei che si diploma con il massimo dei voti e che il suo anticonformismo non è il frutto di bizzarrie, piuttosto semmai di una sua personale sensibilità nell’interpretare tutto ciò che è arte. In primis la vita.
Dopo gli studi fa la sua prima mostra personale. E’ un principe a sostenerla. Don Francesco Amoroso d’Aragona diventa il suo mecenate. E’ un successo. Un successo di quelli che a molti potrebbe far intendere di essere arrivati, non certo per lei però. Argentina la cui esistenza è costellata d’incontri, con luoghi, con persone, che le indirizzeranno la vita in direzioni inaspettate, non può accontentarsi di un successo seppur meritato così immediato.
Ed è proprio in un luogo. In una chiesa sconsacrata nel pieno centro storico di Napoli che le nasce un primo desiderio, apparentemente non significante, ma che invece rappresenterà il punto di una nuova partenza. Sente la necessità di dover allestire quello spazio, di fornirgli una veste diversa e il bianco, il bianco del velo di una sposa, è l’elemento che dovrà ridare nuova luce a quel luogo. Ma trovare così tanto materiale per fare ciò non è cosa semplice, soprattutto se non si dispone di ingenti risorse economiche. Ma è il fato, oppure la determinazione nel realizzare ciò, permette ad Argentina di fare un altro incontro, quello con lo stilista Gianni Molaro, che s’innamora della sua idea. Argentina non deve aggiungere altro, dopo qualche mese si ritrova con quattrocento metri di velo da sposa.
A fatica riesce a ricomporlo nella sua stanza da letto dopo averne preso visione. I dubbi su come tagliare quel lungo velo per allestire la Chiesa durano poco. Quel velo assume subito un significato diverso per Argentina. Rappresenta lo strumento per esprimere la sua creatività. Le trasparenze di quel dono, non sono altro che l’essenza di ciò che Argentina può esprimere. Il velo non viene tagliato, ma indossato come fosse il costume per mettere in scena la sua vita. Argentina inizia allora una serie di happening in giro per il mondo. Ogni pezzo di quel velo rappresenta una parte di sé. Un incontro. Una storia accaduta. Un’altra che può accadere. In questo più o meno svelarsi, Argentina racconta qualcosa di sé. Quel velo è il testimone dei suoi viaggi. Quel suo sposarsi con l’umanità.
E’ un peregrinare artistico quello di Argentina. Anche Venezia sembra solo un tappa di questo suo lungo viaggio. Invece qui accade ciò che forse rende ancora più straordinaria la sua storia. Ascolta il consiglio di un amico fotografo che la invita a vivere più intensamente quella città, di entrare più in simbiosi con quel luogo, di scoprirne le bellezze architettoniche. Per Argentina sembra una cosa irraggiungibile. Senonché ancora una volta gli incontri sono l’elemento che invertono ogni forma di probabilità matematica. E’ un uomo che di Venezia conosce ben i segreti a far sì che i palazzi sul Canal Grande si spalanchino alla creatività di Argentina. Per lei tutto ciò rappresenta un altro importante tassello per condividere la sua espressività artistica. Il legame con la città si rafforza. Tant’è che proprio quelle calli e quei ponti, sembrano la naturale scenografia per le rappresentazioni di Argentina.
Ma il viaggio di Argentina non finisce qui. Seppur ora si divida tra Venezia e Napoli, è l’intero mondo il suo palcoscenico. Il viaggio della principessa del velo continua. D’altronde è una storia epica e come tale non può aver termine. Al massimo può diventare leggenda.