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La pioggia scende, l’asfalto si bagna e il tergicristallo continua ad andare su e giù. Il tutto in forma ciclica. Gocce che ripetono la loro discesa. Pozzanghere che alimentano la loro presenza. Parabrezza delle auto sulle quali si rinnovano forme e disegni. Anche l’incontro con lui era iniziato così. Non per questo è sempre valida la sequenzialità dei fatti.
La sua storia già la conoscevo, ma poche sue parole sono servite per darne un’altra chiave di lettura. Quell’idea di cambiamento, non è che fosse sbagliata. Era semplicemente incompleta. “Silvio… quello che ha lasciato la polizia per dedicarsi al teatro”, a questa affermazione occorreva aggiungere sensazioni e togliere preconcetti. E’ proprio quella pioggia che cade, mentre Silvio Barbiero parla a farmi capire tutto ciò. La sua storia non può essere descritta ad un ritmo costante. La temporalità degli accadimenti potrebbe essere fuorviante.
La sua vita avanza come una massa di sentimenti pronti per essere plasmati qualora si abbia la sensibilità per farlo. E Silvio questa sensibilità l’ha avuta, modellando al meglio le occasioni che gli si sono presentate. E’ per questo che non si colgono parole di rammarico in lui. Parla con affetto del suo periodo nella polizia. Le relazioni umane. L’analisi costruttiva per un rinnovamento del corpo militare affinché, chi intraprenda questo percorso ne abbia la piena consapevolezza. Ne sia completamente supportato. In termini di strutture. In termini morali. Non è un lavoro comune. E’ una missione che ha le fondamenta nella sicurezza, nella giustizia e nella tutela dei diritti. Silvio ne riconosce l’estremo valore e proprio per ciò, sulla base della sua esperienza, si auspica un miglioramento che permetta ai tanti giovani coinvolti di essere preparati alle diverse necessità. Non si tratta di formare degli eroi. Chi intraprende questo percorso è una persona come tutte le altre. Con le sue forze, con le sue debolezze. Persone che si mettono in gioco, magari inizialmente non sapendo nemmeno a cosa vanno incontro. Anche per Silvio è stato così. Le pressioni di trovare un lavoro. Una laurea in filosofia che stava arrivando, ma che appariva di poche opportunità (questo almeno per gli altri) e un concorso pubblico vinto per entrare nell’arma. Un lavoro sicuro, forse. Un lavoro del quale si conosceva poco se non niente, sicuramente.
Sono ricordi per Silvio ora. Senza connotazioni negative. Senza accentuazioni positive. In tutto ciò c’è l’altro l’elemento che lo identifica. C’è la passione per il teatro. L’accompagna da sempre. Prima di lasciare la sua Pesaro. A Padova durante l’Università. A Roma con il teatro “che conta” e al quale approda forse non ancora maturo. In giro per l’Italia con compagnie teatrali diverse. Passione che nemmeno durante il periodo in Polizia abbandona. Una passione che si alimenta e si evolve, fino a far nascere in Silvio la convinzione che si possa trasformare quella passione in professione.
Il salto non è indifferente, ma oramai il suo piano di vita sembra chiaro e definito. Lascia l’arma. Ed insieme ad un amico regista apre un piccolo teatro-caffè. Qualcosa di tangibile, per accentuare a sé stesso la veridicità di una scelta. L’esperienza si rivela così straordinaria che poco dopo si presenta la necessità di ampliarla. Il circolo culturale si allarga, i Carichi Sospesi, questo è il suo nome, apre un nuovo spazio in un luogo simbolo della città di Padova: il Portello. Rassegne, laboratori di animazione teatrale, produzione di spettacoli, sperimentazione di nuovi linguaggi e tecniche, le idee di Silvio Barbiero si concretizzano. Ma è entrando in questo circolo che si può respirare la magia di un sogno, che forse Silvio aveva sempre pensato. Quello che potrebbe essere il retrobottega in un qualsiasi altro locale, diventa la piccola sala teatrale delle espressioni umane di artisti diversi. Si respira tutto ciò. E poi basta fissare lo sguardo, anche per pochi secondi, sul viso di Silvio per trovarne i segni di un’immensa soddisfazione.
Scelte, cambiamento e passaggi. Ma non sono pioggia. Sono movimenti sincopati di una vita in continua trasformazione. Può continuare a piovere su Padova. Anche mentre Silvio mi riaccompagna in stazione, le gocce continuano a scendere sulla sua auto. Ma è la sua esistenza che non può limitarsi ad un ritmo ripetitivo. La soddisfazione è tanta in lui, ma non abbastanza per fermarsi a guardare questa pioggia che cade.
Il treno riparte, noi ci lasciamo. Quando ci rivedremo potrebbero esserci anche delle altre novità. Anzi ce ne saranno sicuramente. Intanto all’orizzonte sta pure spuntando il sole.