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Aveva qualcosa di particolare. La luce che filtrava dalle persiane rendeva quasi magico quell’ambiente. Lei lo notò immediatamente. Il respiro un po’ affaticato per raggiungere quel quarto piano, diffidando dell’ascensore, prendeva ritmi più lenti fino ad assumere uno stato di piacevole armonia. L’agente immobiliare continuava la sua minuziosa descrizione, ma non era necessaria. Ormai lei aveva già capito che quell’appartamento di quella strada milanese non lontana dalla Darsena, sarebbe stato la loro abitazione e anche la loro sala di posa. Non rimaneva che comunicarlo a lui.
Il lui in questione è Roberto Masotti. Colei invece che in quei primi anni ’70 varcò per prima la soglia di quella che poi sarebbe diventata la loro casa e all’epoca luogo di lavoro è Silvia Lelli. La storia ora potrebbe continuare citando un unico nome “Lelli e Masotti”, perché loro, oltre che essere una coppia nella vita privata, sono firma unica (e prestigiosa, ndr) nell’ambito professionale della fotografia delle performing arts. Ma per capire meglio chi sono Silvia e Roberto, occorre tornare di qualche anno addietro.
Lui arriva dall’industrial design. Questo conta, ma fino ad un certo punto. Ciò che forse è scatenante per la sua carriera è un altro elemento. A Roberto piace la musica. È un appassionato di musica contemporanea, di jazz e di un certo tipo di rock. Ma soprattutto è uno che vive la musica. Va ai concerti, ascolta, guarda e inizia a fare qualche foto. Poi prende l’abitudine di accompagnare i concerti con la macchina fotografica. Il gioco è fatto. Roberto capisce che si possono fare due delle sue attività preferite insieme, ascoltare e vedere per poi immortalare il tutto attraverso la fotografia. Inizia a narrare ciò che vede. I musicisti, l’ambiente e soprattutto la relazione tra i due. È il suono organizzato. Questi scatti piacciono, a tal punto che Roberto inizia a collaborare con delle prime testate di musica.
Il percorso iniziale di Silvia invece è legato all’architettura e ad una laurea in urbanistica. Cosa centra con la fotografia? Fondamentale. Silvia presta un’attenzione particolare agli spazi e il suo fotografare tiene sempre conto che nella composizione di una buona immagine deve esserci l’armonia degli spazi. A questo Silvia aggiunge un’altra sensibilità. È data da una passione per il teatro. Partecipa ad una compagnia teatrale universitaria. Fa sue le regole di portamento su un palco. Silvia impara presto a vincere una sfida: fotografare qualcosa che nasce per il movimento come può essere la recitazione o la danza. È affascinata dagli spazi teatrali e questa attrazione rimarrà costante.
Silvia e Roberto che sono insieme fin dai tempi del liceo iniziano un percorso straordinario. Un percorso di vita che si mescola ad uno professionale, dove la passione per la fotografia diventa il collante indissolubile di una coppia, che pur mantenendo le singole individualità, si rafforza ed evolve come persone e come professionisti. Sullo sfondo diverse città. Ravenna quella di origine. Firenze per gli studi. Poi Bologna, i primi lavori. Fino a giungere nel ‘74 quella Milano, capitale della musica, della discografia e dell’editoria.
Ci sono in Italia mensili di musica e cultura alternativa come Gong e Muzak che ospitano le foto di Roberto. C’è Spettacoli & Società dove pubblicano entrambi, c’è la prestigiosa rivista Musica Viva diretta da Lorenzo Arruga dove Silvia fa parte della redazione e realizza copertine e servizi. E proprio dall’ambito musicale classico si apre all’improvviso una nuova opportunità: il Teatro alla Scala chiede a Silvia di immortalare tutto ciò che accade al suo interno. L’incarico è gravoso e articolato, eccessivo per uno solo, è quindi Lelli e Masotti ad assumere quell’incarico con il loro talento e la loro passione. È l’anno 1979 e per diciassette anni diventano testimoni attraverso i loro scatti di un incommensurabile capitale a livello artistico. Prove, rappresentazioni, prime e repliche. Un lavoro enorme in termini numerici. Cinquecento mila negativi in bianco e nero. Altri trecento mila a colori, con la dovuta approssimazione. Un archivio da custodire gelosamente da parte del teatro, ma allo stesso tempo un momento di condivisione di straordinaria bellezza. Loro stessi lo hanno voluto, non poteva essere altrimenti. In ogni singolo scatto escono le gesta, le emozioni, gli ambienti che Silvia e Roberto hanno saputo cogliere creativamente.
“C’è una cosa che aiuta molto insieme al talento, si chiama intuito che unito al sapere cosa stai descrivendo e alla scelta di cosa fotografare può fare la differenza”, mi dice Roberto guardando Silvia che conferma. Sarà, comunque c’è anche una particolare alchimia che è proprio frutto di questa complicità tra loro. Perché anche se lavorano in maniera disgiunta, c’è un trasferimento di energia da uno all’altro che porta all’ottimizzazione di uno scatto. In teatro il lavoro di squadra è fondamentale.
Sono passati quasi quarant’anni dal loro arrivo a Milano. Tante cose sono cambiate. La fotografia è cambiata. Le possibilità di pubblicare fotografie. Ciò che non è cambiato però è la loro curiosità, la loro voglia di sperimentare, addirittura di anticipare e soprattutto di fotografare ciò che piace a loro. La loro non è solo fotografia. È un’idea, un pensiero culturale a 360° sulle performing arts.
Nel frattempo la luce, la magica luce, continua ad entrare dalle persiane di quell’appartamento di quella strada non lontana dai Navigli.