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La schiena inarcata, le braccia si allungano, le mani stringono forte la pala e lo sguardo è fisso e concentrato. Poi torna a svettare il suo longilineo fisico verso l’alto. L’espressione è compiaciuta e pure un sorriso gli s’intravede in quella sua faccia da bravo ragazzo. Infine ritorna a piegarsi verso il calore di quel forno. Un calore alimentato anche dalla sua passione. Movimenti questi che si ripetono in modo perpetuo, visto che sono le sette di sera e le richieste da evadere sono già numerose.
Maurizio Toffoli non è stanco però. Nemmeno le ore precedenti trascorse a preparare l’impasto lo hanno affaticato. Semmai lo hanno ulteriormente galvanizzato. Le sue mani hanno creato. Gli ingredienti erano tutti ben bilanciati, fino a trovare la loro massima espressione con quel componente che non è segreto, ma assai raro e personale che va sotto il nome di amore. Amore per quello che Maurizio sta facendo. Amore per ciò che vuole trasferire. “A chi mangia la mia pizza dovrebbero sparire tutti i pensieri e lo stress di un’intera giornata”, mi dice puntando gli occhi al cielo. Una pozione magica? Forse più semplicemente la convinzione che facendo bene e con amore il proprio lavoro si possa trasferire delle positive vibrazioni.
Questo atteggiamento fa parte del modo di vivere di Maurizio. “Ogni lavoro ha dignità” e mentre mi dice ciò con la memoria mi riporta ai suoni inizi. Lui giovane lavapiatti in una pizzeria, che una sera gli si presenta una grande occasione. Fino ad allora aveva solo ammirato le gesta di quei pizzaioli. Ma proprio quella sera, di oramai tanti anni fa, il pizzaiolo gli si avvicina proponendogli di imparare quella professione, visto che il suo aiutante se ne era andato. Maurizio accetta. Per i primi sei mesi praticamente solo guarda. Inforna e sforna. Apprende le basi della cottura. Poi arriva l’impasto e la lievitazione. Maurizio capisce ben presto che quello che sta facendo non è solo un semplice lavoro. Fa sua la tecnica. Mette passione in ciò che fa. È l’inizio. Un inizio che però deve momentaneamente interrompersi o per meglio dire vivere d’altre esperienze. Giunge l’ora del servizio militare ed a Maurizio balena un’altra idea. Lui che è uomo di montagna, di quel immaginifico Cadore, ha pure un’innata attrazione per il mare. Sogna la divisa bianca da marinaio. Forse perché gli ricorda quella del pizzaiolo. Forse no. Comunque sia chiede di essere imbarcato e la sua richiesta trova conferma.
Fa un anno e mezzo a La Spezia. È felice di essere lì. Riesce pure a fare un corso da cuoco, allietando i palati dei suoi colleghi. Cucina e pizza in un ambiente da lui cercato contraddistinto dall’acqua. Gli ultimi mesi li trascorre a Venezia, città che più avanti gli tornerà familiare, dove apprende anche l’arte del fare il pane, prima di congedarsi e tornare ai suoi luoghi d’origine. L’esperienza della marina risulta un tassello di completamento del carattere di Maurizio. Ha fatto diverse amicizie e ha avuto modo di soddisfare un suo desiderio com’è quello del mare, per lui ragazzo d’alta quota.
Torna in quel di Calalzo e torna in quella che è la pizzeria che lo ha visto nascere: il Gringo. Dopo un paio di anni però, complice una storia amorosa non andata a buon fine, entra in una crisi motivazionale che gli strappa, momentaneamente, l’entusiasmo in ciò che fa. Molla il lavoro di pizzaiolo e va a lavorare in una fabbrica d’occhiali. Ma proprio quell’amore che lo aveva ferito lo fa rinascere con un nuovo incontro. Una ragazza veneziana che è lì in vacanza con la famiglia lo riporta alla sua naturale propensione: fare ciò che gli piace e farlo con tutta la sua passione. Dopodiché questa musa ispiratrice sarebbe diventata sua moglie.
Maurizio ritorna con le mani in pasta, prima con il pane e poi con la sua amata pizza. Apporta la propria professionalità in diversi locali, fino ad approdare ad una pizzeria storica in quel lembo di terra che divide l’Adriatico dalla laguna, l’isola del Lido di Venezia. Sembra il coronamento di un lungo percorso cercato e voluto, se non fosse che la vita lo mette di fronte ad una prova impegnativa. È il 2001 e quello che doveva essere un esame di routine riporta un esito imprevisto. È qui che il carattere di Maurizio unito alla sua fede, lo fanno non solo uscire da una situazione difficile, ma addirittura rinascere. Lui che per sua indole comunque è sempre stato positivo, trova nuove energie e rinnovati entusiasmi. In lui la smania di continuare ad imparare. La voglia di realizzare qualcosa che possa soddisfare lo stomaco , ma anche la mente dei suoi consumatori. Inizia ad approfondire il tema della pizza, fa corsi di aggiornamento, fino ad arrivare all’Università della Pizza. Per Maurizio si apre un nuovo mondo, fatto di conoscenza di tecniche diverse e d’incontri con straordinarie persone. Cristian Zaghini è uno di questi. Un maestro. Un mentore. Maurizio vola. Non solo nel suo pensiero positivo, ma applicando ciò che di nuovo continua ad imparare. Inizia pure a fare delle gare di pizza, seppur titubante all’inizio. Anche qui arrivano risultati, riconoscimenti e nuovi incontri. Lo chef stellato Antonio Bedini, lo fa entrare nell’Associazione Italiana Chef Italiani. Sempre più il percorso di Maurizio assume i connotati di un trionfo. In tutto ciò lui non perde la sua naturale umiltà, quello che fa essere grandi persone e non semplici personaggi.
Ma la strada è ancora lunga. Maurizio ne è consapevole ed entusiasta. E mentre prepara la sua biga con acqua, farina, lievito e tanto del suo amore, mi confida un suo sogno: “… m’immagino una pizzeria tutta mia, dove posso rendere felici le persone che vengono a degustare ciò che faccio”. Maurizio questo non è un sogno è un concreto progetto che non può che trovare realizzo.