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Dalla cucina fuoriescono gli aromi della domenica. Il bollito è già da un paio d’ore sul fuoco. Dal salotto invece provengono delle parole. Il televisore è acceso su uno di quei canali da poco nati. Le chiamano reti commerciali. In quella mattina tutto sembra perfettamente incastrarsi nella ritualità di un giorno di festa. Michele ha poco più di dodici anni e seduto sul divano, ancora con il pigiama addosso, è rapito da ciò che viene trasmesso da quella scatola rettangolare appoggiata sul portatelevisore da poco lucidato. Ad attrarre l’attenzione di Michele quella mattina però non sono cartoni animati. È una trasmissione sportiva. Si tratta di football, di football americano e a commentare quella prima partita trasmessa in Italia del campionato NFL è un certo Dan Peterson.
Per Michele è subito amore. Certo per i bambini è facile appassionarsi ad uno sport. È altrettanto facile e naturale per loro allontanarsene, per ripiegare su un altro. Ma non è così per Michele De Martin. Passa poco tempo, l’anno è il 1982 e Michele, assiste dal vivo alla sua prima partita di football americano. La città è la sua Verona e la squadra in azione è proprio quella di casa i Redskins in un incontro valevole per il campionato italiano. Il coinvolgimento per Michele è totale. Un’emozione mai provata. Guarda la perfezione dei lanci che vengono eseguiti. Le corse irrefrenabili verso l’ultima yard. Le collisioni dei corpi dei giocatori durante le mischie.
Da quel giorno anche Michele inizia a fare i suoi primi lanci nel campetto vicino a casa. Con lui il fratello e qualche amico. I loro coetanei si soffermano incuriositi, poi proseguono il loro cammino con il tondo pallone verso il campo da calcio, mentre Michele e compagni fanno vibrare nell’area quella palla ovale. È un divertimento totale in grado di attutire anche i dolori dovuti a qualche escoriazione da caduta a terra.
Negli anni successivi Michele continua ad andare a vedere i suoi Redskins. Incontri epici con tanto di finale a San Pellegrino e nell’87 entra a far parte delle giovanili di quella squadra. Allenamento dopo allenamento, Michele affina la tecnica, gestisce le tensioni, aumenta la passione per questa disciplina sportiva. Due anni dopo è in prima squadra. Il suo ruolo è quello del quarterback, non potrebbe essere diversamente. D’altronde Michele ha come idolo John Elway, uno dei più grandi quarterback della storia del football americano, una vera e propria bandiera dei Denver Broncos e un esempio sportivo per tutta la NFL. Ma non è solo per questo. La scelta di questo ruolo è un po’ la presa di coscienza per l’amore che ha nei confronti di questo sport. Un ruolo delicato, dove l’essere il regista di una squadra, comporta la gestione della strategia d’attacco, dei lanci perfetti, il prendere decisioni in pochi secondi mentre ti si stanno dirigendo contro avversari come fossero automezzi asfaltatori. È una sfida quella di Michele. Con sé stesso in primis, con la gestione della paura. Che lo porta ad essere proclamato miglior quarterback nell’edizione 2002 del campionato italiano di Silver League. Questa componente agonistica sembra essere ben presente nella famiglia De Martin, visto che anche il fratello più giovane di Michele raggiunge nel 1995 e nel 1997 la nazionale italiana, conquistando una medaglia d’argento ed un bronzo negli europei per nazioni.
Intanto gli anni passano, Michele si rende conto che è giunto il momento di aggiungere un nuovo tassello nella sua passione verso il football americano. Lo fa nella maniera più originale, naturalmente più difficile e forse più pazza. Dal campo Michele vuole passare alla panchina. Da giocatore vuole essere allenatore. L’idea si concretizza un giorno di ritorno con il fratello e un amico da una partita di Coppa Campioni a Bergamo. “Perché non costituiamo una nostra squadra?”. L’interrogativo trova subito risposta. Si chiama Mastini Verona, in onore a Cangrande della Scala e alla dinastia scaligera, ed è la nuova squadra della città veronese, che combatterà nel campionato di A2. Capo allenatore proprio il buon Michele De Martin e presidente, suo fratello.
È l’inizio di una nuova avventura. Se giocare le emozioni erano uniche, trasmettere ciò che si sa non è da meno. Impegno, determinazione e tanta voglia di sognare, sono questi gli elementi che hanno caratterizzato Michele prima come giocatore ed ora come allenatore. Il football americano è l’espressione di cosa vuol dire avere una passione per Michele, ma allo stesso tempo è la chiave di lettura metaforica di come affronta la vita.
I Mastini Verona rappresentano l’espressione di chi ama il football americano qui da noi in Italia e allo stesso tempo è uno straordinario luogo di scambio di culture. Già proprio così visto che più che mai i Mastini sono una squadra multi-etnica, dove sono presenti moldavi, brasiliani, nord-africani e albanesi, oltre che un gruppo ben assortito d’italiani. Tutto ciò aspettando gli americani, che possono essere presenti solo nel campionato di serie A1. Ma non ci sono dubbi che arriveranno anche loro.
Michele De Martin ha ancora due sogni. Uno di questi è di portare i suoi Mastini nella massima serie. Il prossimo 2 marzo inizia un nuovo campionato e potrebbe essere la giusta annata. L’altro invece si chiama Mile High Stadium a Denver, per poter vivere da vicino le emozioni della sua squadra del cuore, quella di quel John Elway, in campo negli anni ’90 con la sua maglia numero 7 (numero indossato naturalmente anche da Michele) ancor oggi in giacca e cravatta bandiera dei suoi Broncos.
Vai Michele vai, lancia ancora una volta quella palla alla perfezione come solo tu sai fare.