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Avevamo appena imboccato la Parma – La Spezia. Pochi chilometri ancora e poi saremmo arrivati nella pianura parmense. Era un viaggio di lavoro. Il primo che facevamo insieme. E’ stato pure l’ultimo. Da lì a poco io avrei cambiato azienda. Lui, sarebbe cambiato.
Quel giorno però lo ricordo ancora molto bene. Mi vengono in mente certi discorsi. Alcune parole dette. Altre solamente pensate. Di lui tutto sommato sapevo poco, se non che era un bravo ragazzo. A nulla serviva la sua stazza. Alto. Grande. Grosso. Il suo animo gentile non si poteva nascondere in questo suo fisico imponente.
Già allora mi raccontava delle sue prime esperienze nel continente nero. Andava sistematicamente ogni anno. Più o meno brevi periodi. Uno, due, tre mesi. Fino ad arrivare a sei. In Angola. A cavallo tra il 2008 e il 2009.
Il suo spirito di missionarità continuava a crescere. Si alimentava. Fino ad una fatidica scelta. Quella sarebbe stata la sua strada.
E’ l’ottobre del 2010 e Simone Mura parte per il Mozambico. Missionario laico è la sua qualifica. Dispensatore di sorrisi la sua professione. Professione che svolge sostanzialmente in due modi. Il tuttofare da un lato. Rimboccandosi le maniche e assaporando l’appagamento di un lavoro fisico. Responsabile della logistica dall’altro, o per meglio dire il genio dei desideri. Procurare quello che serve. Approvvigionare le missioni di ciò che necessitano, per uno svolgimento regolare della quotidianità.
L’Africa che Simone incontra è l’Africa bella. Un Paese civile, dove la povertà esiste, ma non c’è la miseria. Dove il futuro esiste, ed è visto con gli occhi ricolmi di speranza. Di positività. Perché L’Africa è anche questo. E’ soprattutto questo.
Simone Mura, un uomo che non è andato in Africa per fare l’eroe, ma per fare qualcosa che gli piace. Che lo rende felice. Che rende felice chi entra in contatto con lui. E’ per questo che appena tornato in Italia prima di ripartire, i racconti di questa sua esperienza, sono racconti belli, di un’altra Africa, forse quella che troppo poco spesso viene comunicata.
L’approccio di Simone rispecchia il suo carattere. E’ sceso come missionario laico per portare un po’ di ottimismo. Oltre che di lavoro concreto e un grande senso di umanità. “… stavo con loro, mangiavo con loro… ho cambiato il metodo… io volevo parlare con loro, confrontarmi… inserirmi nella loro realtà… immergendomi completamente e senza la presunzione di arrivare lì e risolvere tutti i problemi…”, mi dice al telefono in questa sua pausa italiana, con il tono di gioia e serenità di colui che vive un’importante momento della sua vita.
E continua poi: “… spesso le nostre soluzioni non sono adatte o forse sono soluzioni a problemi che non esistono…”. Più che cambiare l’Africa, Simone è attento a cambiare il modo con il quale gli stranieri si avvicinano a questo mondo. “Sai anche con le missioni… spesso accadeva che quando andava via il referente, tutto cadeva in disuso… si creavano cattedrali nel deserto… perché era un modo di agire imposto, un modo di agire che non entrava realmente in contatto con chi vive in quelle terre…”.
Poi quasi sussurrando mi confida: “… il mio modello è quello del Vangelo di Matteo… hai presente il Giudizio Universale?… bene in qualunque situazioni io mi trovi, la domanda che mi pongo è sempre la stessa… cosa posso fare di concreto?”.
Ma non è solo questo il segreto di Simone. Il suo valore aggiunto è il contatto umano – “… non ero più il bianco che andava a fare… a giudicare… ero una persona vicina a loro… uno di loro”. Ecco dove sta la forza di Simone, nell’ascoltare. Nel saper dare quella carezza di conforto, necessaria al momento opportuno. Per sentirsi ancora più vicino a loro inizia ad imparare il portoghese. E quando la lingua non è sufficiente, c’è lo sguardo. Quello che arriva nel profondo dell’anima. Difficile da raggiungere, ma difficilmente mal interpretabile.
Ora inizia la nuova sfida per Simone Mura. L’idea è quella di fare il professore appena rientrerà in Mozambico. Anche qui non per dispensare la sua cultura, ma per trasmettere una conoscenza. Magari riuscirà a portare avanti quei laboratori d’informatica, materia che lui conosce molto bene e che rappresenterebbe la chiusura di un cerchio, apertosi proprio lasciando un lavoro, un lavoro sicuro, legato al settore Information Technology.
Intanto in questi giorni è tornato a studiare. Vuole prepararsi. Vuole essere pronto. Vuole insegnare con qualità. Sicuramente saranno fortunati gli alunni che lo incontreranno. Anche se nella sua più completa umiltà, sottolinea sempre che l’insegnamento maggiore sarà quello che riceverà da questi giovani.
Non so se ci sarà un’altra occasione per fare un viaggio con Simone. Comunque sia lo seguirò in questa sua missione. Una missione che ha poco dell’impossibile, ma che è di una vitalità senza confronti.