Amo viaggiare in auto. Velocità ridotta. Strade secondarie per quanto possibile. Trasferimenti che permettono di ascoltare della buona musica, perdersi nei propri pensieri e naturalmente, di vedere nuovi scenari.
Di solito rimango meravigliato dalle bellezze paesaggistiche che si possono scoprire, in alcuni casi però prevale lo sconforto per come si possa violentare il nostro territorio.
A tal riguardo ho avuto il piacere di parlare qualche giorno fa con Steve Bisson, un’urbanista con una notevole sensibilità estetica, ma non solo, visto che Steve ha un approccio dinamico nel portare avanti le sue iniziative. Iniziative che hanno come elemento di comunanza la sua visione legata al territorio.Steve è anche l’ideatore di due innovativi progetti. Urbanautica
che ormai è diventato un punto di riferimento a livello internazionale di come sia possibile parlare di territorio attraverso nuovi linguaggi e del recente traccia, con il quale Steve offre un originale modo per comunicare un altro elemento fortemente legato alla terra: il vino.
“Steve cosa vuol dire per te occuparsi di urbanistica in modo diverso?”
“Nella società va crescendo l’attenzione verso i “modi di fare” sul territorio. Stiamo diventando meno indifferenti o più sensibili a quello che ci sta attorno. In questo senso serviranno strumenti e linguaggi nuovi per interpretare i bisogni emergenti.”
“In quest’ottica immagino che rientri anche il documentario “Far West” che hai realizzato per rappresentare la zona industriale di Vicenza Ovest. Come viene accolto dagli enti e dalle istituzioni con le quali collabori, questo tuo stile “contemporaneo” nel descrivere il territorio?”
“La rapidità del progresso tecnologico genera divario tra le generazioni che si traduce a volte in un gap di comunicazione fra chi decide e chi crea. Ciò non è accaduto con “Far West”, forse perché abbiamo “girato” in acciaieria la settimana prima della tragedia nella fabbrica Thyssen-Krupp a Torino. ”
Mentre Steve parla, affiorano in me le immagini desolanti dei capannoni che incontro quando faccio ritorno nelle mie zone d’origine della pianura veronese. Immensi scatoloni vuoti sparsi lungo ampie aree che dividono un piccolo comune da un altro.
“Secondo te Steve, com’è possibile trovare una soluzione a questi problemi di eccessiva costruzione in queste zone industriali che ora si ritrovano a fare i conti con un loro inutilizzo?”
“Negli ultimi 30 anni la specie umana ha prodotto più di quanto avesse fatto in tutta la sua storia. La metà circa di queste cose sono edifici produttivi. La soluzione passa per il riutilizzo o il riciclo di queste immensità di materia.”
“Veniamo ai tuoi progetti ora. Partiamo con Urbanautica. In due parole in cosa consiste?”
“È un modo per educare lo sguardo attraverso la lettura della fotografia.”
“Qual è stato l’elemento chiave per il successo di Urbanautica?”
“La rete, perchè offre la possibilità di esprimere il proprio talento. Poi viene la selezione dei contenuti che sarà sempre più indispensabile nel futuro per riuscire a convincere e quindi emergere.”
“Quindi in un certo qual senso, mi stai dicendo che sei andato controcorrente alle tendenze dei social network, puntando su meno contenuti, ma con un maggior tasso qualitativo. Quali sono i parametri di selezione per un contributo inviato ad Urbanautica, visto che la qualità è sempre un indice piuttosto soggettivo da gestire?”
“Non ricerchiamo fotografie ma progetti che abbiano qualcosa di non banale da dire. Anche la fotografia poi ha la sua grammatica e va rispettata.”
“Con che spirito gli utenti si avvicinano ad Urbanautica?”
“Ciascuno a modo proprio direi…”
“I Paesi nei quali ha trovato maggiore riscontro in termini numerici Urbanautica quali sono?”
“Ci visitano da 106 Paesi nel mondo. Stati Uniti e Nord Europa i più frequenti. I paesi emergenti Brasile, Russia e Cina. L’Italia naturalmente.”
“Questo è un progetto che parte dal web, ma che a breve farà un salto nell’offline attraverso una serie di mostre. Ci sarà un’anteprima? Come verranno articolati questi eventi?”
“Sì, stiamo curando una mostra internazionale. Sarà un percorso itinerante con un’anteprima al Festival di Savignano, rassegna di spicco per la fotografia contemporanea in Italia.”
“E il futuro di Urbanautica quale sarà?”
“Il mio prossimo sogno è editare delle monografie in serie numerata.”
Le parole con le quali Steve si esprime, fanno intravedere un’anima poetica e sognante che sembra lasciare poco spazio alla sua formazione tecnica ed aziendale. Allo stesso tempo però si respira concretezza e operatività che permettono immediatamente di capire che i suoi progetti sono certamente originali, ma ben ancorati ad una visione di solido sviluppo.
“Raccontami ora di traccia. Da dove nasce e che finalità ha?”
“Il desiderio è sempre lo stesso, raccontare la bellezza. Siccome avevo questa passione per il vino mi sono lanciato con degli amici. L’idea è di raccontare il vino in modo diverso.”
“Se ho ben capito, traccia è costituita da due aspetti. Da un lato il sito internet, come luogo virtuale dove parlare di vino non in modo istituzionale. Poi invece c’è la collezione di vino. Siete già riusciti a produrne una?”
“Sì, una produzione limitata di bottiglie di Malbec realizzata assieme ad una giovane cantina argentina.”
“E’ vero che hai scritto un soliloquio per introdurre traccia al pubblico?”
“Certo, poi ne ho stampato un po’ di copie per gli amici perché possano raccontare questa storia a loro volta.”
“Immagino che non seguirà dei canali distributivi tradizionali. Questa collezione come sarà reperibile nei locali?”
“Nel nostro sito segnaleremo i locali che hanno interesse a lasciare una traccia… Nessuna distribuzione tradizionale, visto i numeri al momento preferiamo sviluppare una rete di contatti umani.”
“Colgo sia in Urbanautica sia in traccia una volontà di far emergere l’eccellenza. Secondo te, Internet da questo punto di vista ha delle regole più meritocratiche in grado di supportare progetti come i tuoi?”
“Sicuramente più della televisione.”
Bene Steve a questo punto non mi rimane altro che assaggiare un bicchiere di vino della collezione traccia per valutarne la qualità (per quanto le mie capacità degustative consentano), ma in particolar modo per fare un grosso brindisi alla tua dote creativa di trovare continue nuove forme innovative per parlare del territorio e di quello che lo circonda.